TORINO - Nonostante tutto i procedimenti sportivi vanno avanti, ufficialmente paralleli rispetto alla giustizia ordinaria, emotivamente indeboliti dalla sentenza penale, ma soprattutto divisi: da una parte la Juventus, dall’altra Moggi . Perché il vessillo sotto al quale combatteranno i bianconeri in sede sportiva (e anche civile, visto che presto partiranno i ricorsi al Tar) sarà quello del «noi con Moggi non c’entriamo niente, lui agiva per i fatti suoi, noi siamo stati puniti ingiustamente». La sentenza della Casoria , di cui però sarà fondamentale leggere le motivazioni, sembra infatti aver spezzato la logica della responsabilità oggettiva, quella per la quale la Juventus era stata condannata nei processi sportivi del 2006. Insomma, la pesante condanna di ieri non intacca la possibilità e la forza teorica delle posizioni dei legali bianconeri, che ora andranno all’attacco della Figc sempre in nome della disparità di trattamento avuta nel 2006 (alla luce di quanto emerso e di fatto riconosciuto dalla stessa Figc con la relazione Palazzi ) e del fatto che un tribunale penale ha in teoria riconosciuto che Moggi era una cosa e la Juventus era un’altra.
MOSSE MOGGI - Da parte sua Moggi, che certamente non prenderà bene la posizione bianconera (che in fondo ricalca quella del 2006) continuerà a combattere per la radiazione, con un’udienza che dovrà essere fissata nelle prossime settimane e che - è inevitabile - risulterà fortemente condizionata dal tipo di condanna ricevuta a Napoli. Moggi contesta alla radiazione della Figc anche dei vizi procedurali che effettivamente indeboliscono la condanna e questi punti non dovrebbero in nessun modo essere inquinati dalla sensazione che creerà la condanna penale di Napoli. Ma, a questo punto, per lo stesso Moggi (che combatte in quella sede insieme a Giraudo e Mazzini ) si tratta di una battaglia che assume significati diversi alla luce della sconfitta di Napoli. Vedremo.
NAPOLI - Il processo Calciopoli arriva finalmente all'ultimo capitolo. Luciano Moggi è stato condannato a 5 anni e 4 mesi dai giudici di Napoli, nell'ambito del processo penale di Calciopoli. Il pm per l'ex direttore generale della Juventus aveva chiesto 5 anni e 8 mesi. Gli ex designatori arbitrali, Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, sono stati condannati rispettivamente a 3 anni e otto mesi e un anno e 4 mesi. Lotito e Della Valle (per questi ultimi un anno e tre mesi).
PROCESSO NAPOLI, EX DG JUVE RITENUTO COLPEVOLE - Luciano Moggi è stato condannato a 5 anni e 4 mesi dai giudici di Napoli, nell'ambito del processo penale di Calciopoli. Il pm per l'ex direttore generale della Juventus aveva chiesto 5 anni e 8 mesi. Gli ex designatori arbitrali, Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, sono stati condannati rispettivamente a 3 anni e otto mesi e un anno e 4 mesi. Lotito e Della Valle (per questi ultimi un anno e tre mesi). Il Tribunale di Napoli ha condannato ad un anno e tre mesi il presidente della Lazio, Lotito, e Andrea e Diego Della Valle, della Fiorentina, nell'ambito dell'inchiesta su calciopoli. Un anno di reclusione per l'ex dirigente del settore arbitri del Milan Leonardo Meani. Per tutti era ipotizzato il reato di frode sportiva. Lo ha stabilito il Tribunale di Napoli nell'ambito del processo penale di primo grado a Calciopoli.
LE PAROLE DI MOGGI - «Non ho voglia di fare battute, non parlo». Così l'ex dg della Juventus, Luciano Moggi lasciando l'aula del Tribunale di Napoli dopo la sentenza che lo ha riconosciuto colpevole nell'ambito del processo a Calciopoli. Moggi è stato riconosciuto colpevole di associazione a delinquere e vari episodi di frode sportiva.
LE CONDANNE - Queste le condanne emesse dalla nona sezione del tribunale di Napoli nell'ambito del processo a Calciopoli. Luciano Moggi 5 anni e 4 mesi; Paolo Bergamo 3 anni e otto mesi; Innocenzo Mazzini 2 anni e 2 mesi; Pierluigi Pairetto 1 anno e 11 mesi; Massimo De Santis 1 anno e 11 mesi; Salvatore Racalbuto 1 anno e 8 mesi; Pasquale Foti 1 anno e 6 mesi e 30mila euro di multa; Paolo Bertini 1 anno e 5 mesi; Antonio Dattilo 1 anno e 5 mesi; Andrea Della Valle 1 anno e 3 mesi e 25 mila euro di multa; Diego Della Valle 1 anno e 3 mesi e 25 mila euro di multa; Claudio Lotito 1 anno e 3 mesi e 25 mila euro di multa; Leonardo Meani 1 anno e 20mila euro di multa; Claudio Puglisi 1 anno e 20 mila euro di multa; Stefano Titomanlio 1 anno e 20 euro di multa.
LE PAROLE DI BERGAMO - Paolo Bergamo a RaiSport: «Mi aspettavo una sentenza negativa, per cui attendiamo di leggere le motivazioni e poi faremo i nostri passi nelle sedi opportune. Sono sereno perché so come mi sono comportato, quello che ho fatto e soprattutto non ho fatto quindi sono tranquillo - ha proseguito Bergamo -. Quando noi siamo stati indagati ero convinto che non avrei subito il rinvio a giudizio, quando poi è successo, da allora sono sempre stato convinto che la sentenza alla fine sarebbe stato negativa. Questo processo a mio avviso è stato vergognoso».
LE PAROLE DI DE SANTIS - «È una pagina mortificante per la giustizia, combatteremo in appello». Questo il commento dell'ex arbitro Massimo De Santis dopo la sentenza che lo ha condannato assieme a Luciano Moggi e ad altri imputati nel processo di Calciopoli a Napoli. «Sicuramente - ha aggiunto De Santis, condannato a un anno e 11 mesi di reclusione - non c'è stata unanimità nel verdetto, mi auguro che chi si è assunto la responsabilità di questa sentenza abbia la coscienza a posto e quando si appurerà che ha sbagliato mi auguro possa pagare». «È una sentenza scritta», ha concluso l'ex arbitro di Tivoli.
LA RISPOSTA DEL PM: «NON È STATA FARSOPOLI» - «Non è stata una farsa, non è stata farsopoli». Cosi il pubblico ministero Stefano Capuano ha commentato la condanna di numerosi imputati al processo di calciopoli.
19.55 - È entrato il pm Capuano in sala, la sala è gremita. A minuti la sentenza
19.25 - Si sta riaffolando l'aula 216. Sono rientrati Moggi e tanti altri imputati insieme a molti giornalisti. Sale l'attesa.
17.30 FIGC «NO COMMENT» - La Figc non commenterà la sentenza su 'Calciopoli' attesa per questa sera da Napoli, ma lo farà solamente dopo aver preso atto delle motivazioni. È quanto hanno spiegato i vertici della federazione a margine del consiglio federale in Municipio a Vicenza. Al termine dei lavori il presidente Giancarlo Abete ha tuttavia spiegato la posizione della Figc, che è parte civile nel procedimento di 'Calciopolì. "La posizione della Federazione - ha detto Abete - è di grande rispetto per le decisioni che saranno assunte dal Tribunale di Napoli. Tuttavia siamo di fronte ad una situazione 'in progress': questo di Napoli è infatti il primo grado di giudizio, che poi avrà un seguito. E in parallelo c'è già una sentenza pronunciata in relazione della richiesta di rito abbreviato di alcuni dirigenti, che a metà novembre vedrà l'appello". Sulle vicende giudiziarie in corso Abete ha ricordato "che esiste fisiologicamente una differenza strutturale tra i procedimenti penali e le decisioni degli organi di giustizia sportiva". "Nello specifico - ha aggiunto il presidente Figc - facciamo riferimento a due ordinamenti diversi: a uno primario che è quello statuale, ad uno derivato che è quello sportivo. Per farmi capire, a puro esempio, ci possono essere delle sentenze di condanna in termini penali che non determinano degli effetti a livello sportivo e ci possono essere sanzioni a livello sportivo che non sono collegate a reati che abbiano valenza penale"
17.00 DEPOSITO - L’avvocato Pioreschi consegna l’elenco delle ultime telefonate: «Incluse 10 telefonate al fascicolo». E l’avvocato Picca inserisce una dichiarazione spontanea scritta di Diego Della Valle. La firma viene autenticata dal legale in aula sotto la sua responsabilità.
ROMA - «Vidi Luciano Moggi cominciare a piangere davanti a noi durante lo scandalo di Calciopoli. Il mondo si era rovesciato. Noi stavamo portando a casa il secondo scudetto consecutivo e ci hanno tirato nel fango. Gli arbitri non ci favorivano, eravamo semplicemente i migliori e ci dovevano affondare, ecco la verità». Zlatan Ibrahimovic racconta così la vicenda di calciopoli vista dallo spogliatoio bianconero nella sua autobiografia "Io, Ibra", in uscita venerdì prossimo per i tipi della Rizzoli.
LA RABBIA - «Eravamo semplicemente i migliori e ci dovevano affondare, ecco la verità». Lo scrive Zlatan Ibrahimovic nella sua autobiografia "Io, Ibra"
parlando dello scandalo di Calciopoli che, nell'estate 2006, sconvolse il calcio italiano. «Come sempre, quando qualcuno domina, altri vogliono tirarlo nel fango - scrive Ibra, che all'epoca era l'attaccante della Juventus - e non mi stupiva affatto che le accuse venissero fuori quando stavamo per vincere di nuovo il campionato. Stavamo per portare a casa il secondo scudetto consecutivo quando scoppiò lo scandalo, e la situazione era grigia, lo capimmo subito. I media trattavano la faccenda come una guerra mondiale. Ma erano balle, almeno per la gran parte». Lo svedese nega con decisione la tesi sui favori arbitrali alla Juve: «Avevamo lottato duramente, là in campo. Avevamo rischiato le nostre gambe, e senza avere nessun aiuto dagli arbitri, queste sono cazzate. Io dalla mia parte non li ho avuti proprio mai, detto in tutta franchezza. Sono troppo grosso. Se uno mi viene addosso io rimango fermo, ma se finisco io addosso a qualcuno quello fa un volo di quattro metri. Non sono mai stato amico degli arbitri, nessuno della nostra squadra lo era. No, no, eravamo semplicemente i migliori e ci dovevano affondare, ecco la verità».
INTER DIVISA IN CLAN - "L'Inter era divisa in gruppetti, argentini di qua, brasiliani di là. li odiai fin da subito. Mi rivolsi a Moratti parlando chiaro: 'Dobbiamo rompere questi dannati clan. Non possiamo vincere se lo spogliatoio non è unitò". Zlatan Ibrahimovic racconta così il suo arrivo all'Inter nel 2006 e "il suo primo grande test da leader" nella sua autobiografia in uscita a giorni e di cui è stata fornita da Rizzoli una anticipazione.
«Telecom? Quando fui interrogato a Roma dai pm di Napoli e dal tenente colonnello Auricchio dichiarai che ero certo di aver subito in quegli anni spionaggio industriale ai miei danni»
TORINO - L’ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi, nel corso della trasmissione condotta da Pippo Franco “Ieri, Moggi e domani” co-produzione di Gold Tv, Telecolor, Rete 7, Telespaziotv e Italia mia in onda tutte le domeniche ha rilasciato interessanti dichiarazioni in merito all’ultima giornata di campionato e non solo.
NAPOLI-JUVE, LA PARTITA SI POTEVA GIOCARE
“La giornata calcistica è stata fortemente condizionata dal maltempo che ha colpito la penisola italiana. Ma mentre per Genoa-Inter, dinanzi al dramma di Genova non si poteva far altro che rinviare la gara mi è sembrato davvero strano quanto successo per Napoli-Juventus. Sicuramente le autorità partenopee hanno avuto paura di sottovalutare l’evento e per un eccesso di prevenzione hanno deciso di rimandare la gara ma perché sospenderla così presto al mattino e senza convocare alla riunione anche la società Juventus? Si fossero valutate le condizioni del campo nel primo pomeriggio non ci sarebbe stato dubbio alcuno sul fatto che la gara si sarebbe giocata. D’altronde solo a noi a Perugia nel 2000 ci hanno fatto giocare per forza su un campo impraticabile facendoci perdere uno scudetto già vinto… Di sicuro alla Juve di Conte non avrà fatto piacere esser sorpassata contemporaneamente da 3 squadre anche perché la squadra bianconera stava attaversando un grande periodo di forma ed invece la ripresa dopo la sosta è sempre difficile. Ad esser maligni viene da pensare che questo rinvio ha fatto molto più comodo al Napoli stanco delle fatiche di Champions…”.
CALCIOPOLI, QUANDO PARLAI IO DI SPIONAGGIO INDUSTRIALE NEL 2006...
“Avete visto cosa ha dichiarato in settimana la signora Plateo (la segretaria di Adamo Bove morto suicida ndr) al Processo Telecom in corso? Che la Telecom ci spiava con tutti i mezzi possibili persino con i radar, pur di non farsi scoprire. Io credo che il cerchio su Calciopoli si sia ormai chiuso. Non c’è più niente da aggiungere. In quella Telecom c’erano Tronchetti Provera e Buora. In pratica mezza Inter... Quando nel 2006 fui interrogato a Roma dai P.M. di Napoli e dal tenente colonnello Auricchio alla presenza dei miei legali Trofino e Gianaria dichiarai che ero certo di aver subito in quegli anni spionaggio industriale ai miei danni ( e pensare che lo scandalo TELECOM è esploso solo dopo circa 1 anno!). Purtroppo però questa mia testimonianza fonica è stata tagliata e non ne esiste più traccia.... Adesso risolverò tutte le questioni in cui mi hanno tirato ingiustamente in ballo e se mi va rientro nel calcio!”.