Il tecnico è l’unico in grado di far capire a chi veste la maglia bianconera che ci si può fermare solo davanti a un titolo. Fino a quel momento c’è tempo solo per pedalare.
TORINO - La mentalità si costruisce giorno per giorno, parola per parola, cazziata per cazziata. Lo sa bene Conte, che di giorni alla Juventus ne ha passati tanti e ha ascoltato le parole (e le cazziate) di Trapattoni, Lippi e Ancelotti. E sa pure, il tecnico bianconero, che lasciarsi prendere dall’euforia o anche solo dalla soddisfazione per il primo posto solitario sarebbe un errore clamoroso. Le Juventus di cui ha fatto parte vivevano il primato in classifica come una condizione piuttosto normale, da vivere senza particolari emozioni. Piuttosto erano pareggi casalinghi contro il Cagliari di turno che potevano creare scompiglio nell’abiente e qualche urlaccio da parte dell’allenatore. Tant’è che nella Juventus prima in classifica, ieri mattina a Vinovo, si è parlato solo ed esclusivamente di tutto quello che non ha funzionato a dovere nella ripresa contro il Cagliari.
Scontato? Mica troppo, perché se prima questa era l’abitudine, dopo è andata via via perdendosi, negli anni che sono seguiti a Calciopoli. La disperata ricerca del ritorno in alto ha fatto perdere la bussola alla Juventus che ha smarrito alcuni punti di riferimento fondamentali. Al di là di scelte tecniche quantomeno opinabili, degli strafalcioni di mercato, della sfortuna o del numero incredibile di infortuni, gli insuccessi degli ultimi cinque anni vanno cercati anche nello sgretolamento di quella mentalità vincente che nessuno, tra chi stava in società o sedeva in panchina, ha saputo rinverdire e coltivare con la dovuta applicazione e la necessaria rabbia. Sì, rabbia, quella che anima in modo naturale Conte, l’unico in grado di far capire a chi veste la maglia bianconera che ci si può fermare solo davanti a un titolo. Fino a quel momento c’è tempo solo per pedalare. Ma solo lui ha il carisma e la credibilità per gridarlo a tutti i giocatori della rosa, nessuno escluso.
Scontato? Mica troppo, perché se prima questa era l’abitudine, dopo è andata via via perdendosi, negli anni che sono seguiti a Calciopoli. La disperata ricerca del ritorno in alto ha fatto perdere la bussola alla Juventus che ha smarrito alcuni punti di riferimento fondamentali. Al di là di scelte tecniche quantomeno opinabili, degli strafalcioni di mercato, della sfortuna o del numero incredibile di infortuni, gli insuccessi degli ultimi cinque anni vanno cercati anche nello sgretolamento di quella mentalità vincente che nessuno, tra chi stava in società o sedeva in panchina, ha saputo rinverdire e coltivare con la dovuta applicazione e la necessaria rabbia. Sì, rabbia, quella che anima in modo naturale Conte, l’unico in grado di far capire a chi veste la maglia bianconera che ci si può fermare solo davanti a un titolo. Fino a quel momento c’è tempo solo per pedalare. Ma solo lui ha il carisma e la credibilità per gridarlo a tutti i giocatori della rosa, nessuno escluso.
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